Abbiamo sempre pensato che per ristabilire una situazione di benessere, dopo un disturbo passeggero o malattia vera e propria, il rimedio unico fosse la soluzione giusta, senza considerare la propria individualità, il carattere, i desideri e le aspirazioni che rendono la persona unica. Abbiamo mai riflettuto sul fatto che ognuno di noi ha un suo fiore, un alimento, uno stile tutto personale, una propria postura e che allontanandosene comincia a stare male e ad avere dei conflitti?
Tante e troppe volte abbiamo cercato di essere diversi da quelli che siamo, di essere migliori, più bravi, dimenticando la nostra vera natura, la nostra identità profonda e apriamo le porte alla “crisi” attraverso un trauma muscolare, una sciatica, un mal di testa persistente, un sovrappeso per disordini alimentari.
La crisi dunque apre i conflitti, interrompe le abitudini e solo se siamo disposti ad accettarla, a non opporci a sintomi come il disagio e il malessere ma ad accogliere i problemi, impariamo un nuovo di stare “in campo”. Anche Jung affermava che i problemi che ci arrivano non si risolvono ma si superano.
Racconto un piccolo episodio successo qualche tempo fa. Lavoravo in azienda, esercitavo un lavoro soddisfacente anche se non mi realizzava pienamente, quando un giorno arrivò l’ennesimo funzionario, responsabile delle risorse umane, che rese dopo poco tempo la mia vita un inferno configurando una vera e propria situazione da mobbing. Potete immaginare le mie giornate, tra impegni, minacce verbali e sottintese, paure e persecuzioni studiate a tavolino, mi sentivo intrappolata in una palude energetica dalla quale non riuscivo a venirne fuori. Pian piano cominciai a perdere il mio equilibrio e a costruirmi la mia prigione fatta di solitudine e di disprezzo fino a sottomettere il mio corpo alle rigide regole della mia mente.
Cominciai gradatamente a non mangiare perché non potendo controllare più la mia situazione professionale, volevo almeno raggiungere il controllo del mio corpo attraverso l’astinenza da cibo e acqua. Ogni giorno gestivo pensieri di insicurezza, subivo il disagio di non sentirmi mai all’altezza di qualcosa o di qualcuno, vivevo nel timore del giudizio e ogni confronto con chiunque era già perso in partenza da parte mia.
Avevo direzionato tutta la mia rabbia e impotenza sul mio corpo, negandogli ogni forma di sopravvivenza e sottraendo il nutrimento necessario fino a quando, inaspettatamente, mi arrivò l’attacco di panico per la prima volta e vidi dileguarsi tutto il mio potere di controllo.
Il mio disordine alimentare ricollegabile ad un bisogno affettivo che partiva dall’infanzia, amplificato nell’adolescenza e fuoriuscito minacciosamente nell’episodio dell’attacco di panico, semplicemente rivelava il mio bisogno di chiedere aiuto, di reclamare un po’ di dolcezza mista a comprensione, in un contesto sociale e familiare in cui le relazioni spesso sono nutrite dal confronto e dal giudizio, dal silenzio assordante che esprime paura, riservatezza, vergogna, compiacenza, distacco e isolamento.
Mi piace ricordare un’intervista del grande Gaber il quale invitava a riflettere sull’individuo che è intento ad esibire più l’atteggiamento libertario che a contrastare uno sviluppo insensato, una violenza gratuita, piuttosto incline all’accettazione di una vita mediocre senza l’ombra di un desiderio, di uno slancio, un qualcosa che possa esprimere il “rifiuto”, un’indignazione, un dolore che dilania le relazioni, vero nutrimento basilare della nostra vita.
Ad un certo punto mi si accese la classica luce nella testa: dovevo imparare ad amarmi. Le paure improvvise, il cuore galoppante, il fiato corto, il mondo che mi girava intorno prima di mollare le mie ultime resistenze, dovevano confluire in posizioni alternative a situazioni di pieno controllo del mio corpo attraverso la negazione del cibo.
Era dunque giunto il momento di “leggere” il messaggio che mi inviava il corpo, decodificare il mio conflitto con il cibo, l’attacco di panico e accettare che era arrivato il giorno del cambiamento, un giorno che dovevo assolutamente accogliere per ritrovare me stessa e ricongiungermi con quella che ero e sono realmente, in un nuovo e vivificante percorso di benessere.
Così, gradualmente, cominciai a fare pace con il mio corpo e, fuori da ogni strumentalizzazione di esso attraverso le forti pressioni ambientali che imponevano una frenetica ricerca del piacere e del successo, mi misi alla ricerca della salute nell’ascolto del messaggio che ogni giorno inviava il corpo.
In ogni momento infatti è importante ascoltare il proprio corpo che ci parla attraverso il linguaggio del dolore e del piacere, della tensione e del rilassamento, del malessere e del benessere e nel contempo dare lo spazio necessario alla formazione del proprio pensiero e della propria personalità, anche se divergenti e in contro tendenza.
Ho riequilibrato le mie emozioni, per non farle diventare patogene, attraverso un percorso di crescita emotiva e di liberazione da vecchi e radicati timori. Mi sono avvalsa della virtù terapeutica dei fiori di Bach, scegliendo il fiore giusto non in base al mio disturbo, ma secondo la mia personalità, corrispondente al “temperamento” del fiore.
Mi sono impegnata per ritrovare il giusto rapporto con il cibo, recuperare una relazione consapevole per esprimere le energie tenute represse e che spesso erano la causa dei disordini alimentari.
Il cibo sostiene il nostro corpo ma offre anche un supporto materiale alla nostra mente e infatti Feuerbach sosteneva che il cibo si trasforma in sangue, il sangue in cuore e cervello e dunque in pensieri e sentimenti.
Mi sono affidata a mani esperte in un ciclo di massaggi per evocare un vissuto affettivo (fatto di relazioni sbagliate e amore negato) e sciogliere finalmente quelle tensioni emotive che bloccavano il corretto flusso energetico, restituendo al corpo quella perfetta integrazione sul piano fisico e mentale in una rinnovata dimensione di benessere.
Non esistono rimedi uguali per tutti, ognuno deve essere guidato per ritrovare o mantenere il proprio benessere, nella modalità più personale possibile, perché ognuno reagisce agli stimoli esterni e agli eventi in maniera diversa.
Un naturopata questo lo sa.
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